Davanti ad un quadro la regola è rimanere stupiti. Sì, una regola, perché sono rarissimi i casi in cui si può restare indifferenti di fronte a una qualsiasi opera. Tu sei lì davanti, inutile, pensieroso, a domandarti come avrà fatto il pittore di turno a tirare fuori tutto quello. Pensi al gusto, alla scelta perfetta dei colori, delle luci, al suo cervello che in quel momento ha deciso di mettere quegli occhi in quella determinata posizione, quella mano morbida in quell’altra. A volte ti fa un effetto strano vedere un’opera famosa dal vivo, visto che fino a quel momento avevi immaginato altro per lei, altre dimensioni, altre sensazioni che ora sai mortificate da un libro.Nella realtà tutto può cambiare ti può trasmettere tanto e tu non sei in grado di ridare indietro niente, puoi soltanto prendere, rubare con gli occhi, e come risposta sei capace solo di apprezzarla. Un discorso simile, ma esasperatamente più ampio lo puoi fare quando davanti ti si presenta una qualsiasi “cosa” fatta da un certo Michelangelo Merisi detto Caravaggio! Lui è diverso, esagerato. Quando gli passi davanti ti blocchi, non pensi più, sei quasi obbligato ad agire contro la tua volontà: i tuoi occhi viaggiano impazziti alla ricerca di tutto e niente, nella fretta dell’insieme per calmarsi poi sui particolari. Resti un po’ sconvolto, accompagnato nella sua realtà del diciassettesimo secolo, e solo di fronte a lui non hai spazio per le tue solite domande. Divori con lo sguardo le risposte a quello che non avresti immaginato di chiedergli, perché non lo sai, perché ce l’hai e basta. Sei solo anche se circondato da altri cervelli che speri per loro stiano reagendo come te, ma poi te ne dimentichi e ridiventi egoista. Anneghi di nuovo in quelle luci pallide nate dal buio che disegnano visi puliti, veri ma allo stesso tempo di ceramica. Tocchi la scena, è pura realtà, al di là di qualsiasi foto o descrizione. Sembrano vivi quei particolari che si fanno vedere e un attimo dopo ti sfuggono, inducendoti a pensare che forse te li sei immaginati. Loro sono lì, ti devi riprendere dalla piccola debolezza di una distrazione e ritrovarli. Alla fine ti distacchi, hai bisogno di recuperare la tua libertà. Ripensi a quell’uomo che aveva dentro tutto, che senza neanche saperlo lo tirava fuori solo per mangiare, solo perché per lui era un lavoro come un altro, spesso perfino giudicato male. Mai avrebbe immaginato che con il tempo sarebbe diventato arte pura. Forse la sintesi di tutta l’arte. Un’arte che a lui scappava fuori d’istinto, da una mano ribelle che si prendeva gioco di poveri uomini che non lo capivano e che così facendo lo spronavano a liberarsi di volta in volta di perle uniche che noi ora sappiamo fare nostre. Noi uomini che oggi sappiamo il suo valore, un valore tanto alto che riesce ad imbarazzarci. Noi che rimaniamo impietriti e disorientati, grati e tanto piccoli davanti alla grandezza di Michelangelo Merisi.
© 1973-2006 giorgioaureli.com |